Porte del Pasubio è una sella, un passo. Durante la guerra era l’immediata retrovia del fronte, vi era sorta una piccola città. Per i soldati che vi arrivavano per la Strada delle Gallerie, appariva di colpo dall’alto: un affastellamento di case e baracche aggrappate l’una sull’altra alla roccia.
Le tantissime fotografie che abbiamo ritrovato, per la gran parte inedite, sono state scattate da chi vi viveva.
Ci dicono la guerra, ma ancora di più il bisogno che ogni soldato aveva di casa, di paese.
Esprimono, ed è difficile pensarlo possibile in guerra, un senso di appartenenza.

È questo sentimento che la mostra indaga, la sua energia, capace di prendere possesso di quello che era solo il costone aspro, inospitale e disabitato di un monte, e trasformarlo in un luogo.

A guerra finita sarà in questa piccola città che il CAI di Schio costruirà il suo rifugio, su una casa dei soldati.
Una scelta fortemente simbolica, di adozione del Pasubio da parte di una città e dei paesi delle valli.
Inaugurato nel 1922, si chiamava Rifugio Pasubio. Ampliato più volte negli anni successivi, è ora il Rifugio Papa.

Anche di questa lunga storia parla la mostra. E poi di scoperta della montagna. Perché prima della guerra non vi si andava. È stata la guerra ad aprirla. Da un lato per tre anni era stato tutto un costruirvi strade, mulattiere, sentieri, che permettevano adesso di arrivare ovunque. Dall’altro era entrata nella vita di milioni di soldati ma soprattutto nell’immaginario di tutti.
Luoghi prima assolutamente sconosciuti erano diventati improvvisamente noti.
E si voleva vederli, rendersi conto, capire.

Così, Porte del Pasubio, lo snodo di tutte le strade e i sentieri che portano in Pasubio dal versante vicentino del monte, si è ritrovato a essere, con il rifugio, il punto di riferimento di ogni escursione: allo stesso tempo meta, riparo, luogo di incontro, base per altre ripartenze.
E cioè, uno snodo di storie.